L’importanza dell’endocrinologo
È ormai chiaro il fatto che sia necessaria la collaborazione di più figure professionali per il sostegno delle persone trans* nel percorso di riaffermazione di genere. Tra queste, la figura dell’endocrinologo (il quale si occupa degli aspetti ormonali del trattamento) riveste un ruolo essenziale. L’endocrinologo infatti indica alla persona transessuale un regime ormonale sicuro ed efficace, che garantisca la soppressione delle secrezioni degli ormoni sessuali che sono determinate dal sesso genetico/gonadico della persona e che contemporaneamente mantenga i livelli degli ormoni sessuali all’interno del range di normalità del genere di elezione (Hembree et al., 2017).
Le linee guida
In particolare, le linee guida della Endocrine Society per quanto riguarda le donne trans* (MtF), prevedono la somministrazione di estrogeni in combinazione a farmaci “anti-androgeni”. Tramite questo trattamento si apportano i cambiamenti fisici desiderati, come aumento della crescita dei seni, riduzione di barba e peli e ridistribuzione del grasso corporeo. Per quanto riguarda invece gli uomini FtM, la terapia elettiva è solitamente il testosterone, il quale produce effetti di virilizzazione, come l’abbassamento della voce, l’interruzione del ciclo mestruale e l’aumento della massa muscolare, di barba e peli corporei (T’Sojen et al., 2018).
Le linee guida prevedono inoltre la possibilità di adottare farmaci che producono una “sospensione” della pubertà (puberty suppression) in giovani adolescenti (T’Sojen et al., 2019). Tali farmaci sono i GnRH analoghi (gonadotrophin-releasing hormone analogs) che hanno l’effetto di ritardare la pubertà, in modo che non si sviluppino le caratteristiche sessuali secondarie del sesso genetico, le quali possono produrre estrema sofferenza. Infatti, l’esperienza di una pubertà completa prodotta dagli ormoni del genere attribuito alla nascita può essere una condizione estremamente dolorosa per la persona trans*, andando a interferire con il suo funzionamento psicologico e il suo benessere.
I GnRH analoghi sono successivamente seguiti dalla somministrazione di steroidi sessuali (terapia ormonale sostitutiva–TOS) corrispondenti alla propria identità di genere. A differenza del caso dei GnRH analoghi (che hanno effetti del tutto reversibili dopo la loro sospensione) le linee guida sul trattamento della disforia di genere sottolineano come gli effetti della somministrazione degli ormoni del genere di elezione siano parzialmente irreversibili. Questa irreversibilità conferma l’importanza di mantenere i livelli fisiologici degli ormoni corrispondenti alla propria identità di genere.
Dalle più recenti linee guida possiamo dunque dedurre che:
- Il trattamento con ormoni sessuali non è completamente reversibile;
- Gli ormoni sessuali sono del tutto necessari per il benessere fisico della persona e non possono essere prodotti a livello endogeno nel caso in cui siano già avvenuti interventi di riconversione, come per esempio ovariectomia;
- La somministrazione di ormoni insieme alle operazioni di riattribuzione chirurgica è parte integrante del trattamento della DG ed è del tutto necessaria per garantire il benessere psicologico e una buona qualità di vita nelle persone trans. La TOS sembra infatti produrre una diminuzione dei casi di depressione e un miglioramento del benessere psicologico in generale.
Inoltre, l’assenza di trattamento con ormoni cross-sex per le persone trans* che lo richiedono, è il più forte predittore di problemi relativi alla sofferenza psicologica. Molti studi hanno infatti analizzato la correlazione tra il trattamento ormonale e la salute mentale/qualità di vita in persone trans* che desiderano intraprendere il percorso di transizione. Questi studi, condotti principalmente in Europa, hanno dimostrato che i livelli di depressione e ansia miglioravano significativamente dopo il trattamento ormonale (T’Sojen et al., 2018).
La terapia ormonale deve inoltre essere mantenuta per tutta la vita (negli uomini trans* per mantenere la virilizzazione e per evitare sintomi vasomotori e/o l’osteoporosi). Una dose adeguata di testosterone, ad esempio, è importante per conservare la massa e la densità ossea negli uomini FtM (T’Sojen et al., 2018). Bassi livelli di ormoni sessuali sono infatti associati alla perdita ossea. Ciò è particolarmente vero nel caso in cui la riattribuzione chirurgica sia già avvenuta. Dopo l’ovariectomia infatti, la somministrazione di testosterone previene l’osteoporosi (dovuta alla mancanza di estrogeni) a breve e a lungo termine. Alcuni studi hanno dimostrato come a seguito di ovariectomia si sia verificata perdita di massa ossea in persone FtM che avevano interrotto o assunto in maniera irregolare la terapia ormonale. Lo stesso tipo di perdita di densità ossea si è verificato quando il dosaggio di testosterone era inadeguato (T’Sojen et al., 2018).
Rischi?
Entrambi i trattamenti, sia la terapia ormonale che le operazioni chirurgiche, contengono in sé dei rischi. È proprio però grazie a questi interventi che è possibile garantire il benessere psicologico delle persone trans*. Il “non fare niente” comporta rischi molto superiori, relativi al dover convivere con la sofferenza dovuta alla discrepanza fisica percepita rispetto alla propria identità di genere. Tale sofferenza potrebbe spingere infatti le persone a comportamenti particolarmente a rischio, come l’automutilazione e il suicidio (Cohen-Kettenis & Klink, 2015). Gli studi in letteratura hanno dunque prodotto linee guida molto chiare riguardo alla somministrazione di farmaci per la TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva). I farmaci a base di testosterone o di estrogeni sono essenziali per il benessere psicofisico delle persone trans* che decidono di sottoporsi alla TOS, e dei veri e propri salvavita per coloro che hanno già effettuato interventi di riconversione. In quest’ultimo caso infatti, il corpo non può più produrre steroidi, e per tale motivo la persona potrebbe incorrere in varie patologie, come una severa diminuzione della densità ossea.
L’ATTUALE “EMERGENZA ORMONI”
Consapevoli di questo, come può considerarsi accettabile che farmaci come il Testoviron (farmaco sostitutivo del testosterone) scompaiano “misteriosamente” dal commercio? Ormai da circa un anno, in molte parti d’Italia, si è verificata infatti l’irreperibilità dei farmaci a base di testosterone e dei loro equivalenti. Alcuni giornali quali l’Espresso (http://espresso.repubblica.it/) si sono occupati dell’emergenza farmaci per la terapia ormonale sia nel Marzo scorso che nel successivo Novembre 2019. Nel primo articolo, di Simone Alliva, l’Espresso denunciava il fatto che i farmaci a base di testosterone fossero fuori produzione in tutta Italia, costringendo in alcuni casi le persone trans* interessate a ricorrere ad acquisti online tramite il mercato illegale di farmaci. Come ha infatti spiegato all’Espresso Miki Formisano, presidente del CEST (Centro Salute Trans e Gender Variant), la sospensione dell’assunzione di testosterone porta a conseguenze estremamente negative sia in persone che hanno già subito operazioni chirurgiche come ovariectomia e isterectomia (portando appunto a una significativa riduzione della massa ossea), sia in persone che non hanno subito tali operazioni. In quest’ultimo caso infatti potrebbe anche ripresentarsi il ciclo mestruale, facendo tornare la persona in una situazione psicologica di piena sofferenza. Una delle cause dell’assenza improvvisa sul mercato di farmaci come il Testoviron può essere riconducibile anche al fatto che il testosterone può essere prescritto soltanto da endocrinologi del Sistema Sanitario pubblico, ma purtroppo ancora troppe ASL non si occupano di Disforia di Genere. Il problema dunque è spesso relativo alle conoscenze e a una corretta informazione nel Sistema Sanitario in generale.
Allo stesso tempo, come può essere tollerabile che farmaci come il Progynova (estradiolo) vengano modificati nella classificazione (da classe A a classe C) e non più dispensati dal sistema sanitario nazionale, subendo dunque rincari pari al 300% rispetto al prezzo precedente? Come si può evincere dall’interrogazione parlamentare presentata da Rossella Muroni di LeU nel Marzo 2019, molti farmaci per la terapia ormonale sono di “classe C”, ovvero definiti non essenziali. Il costo di questi farmaci non è dunque rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale, essendo bensì a carico del singolo cittadino. Per ottenere una prescrizione, alla persona trans* è spesso diagnosticato (nel caso di documenti già rettificati) ipogonadismo (uomini trans) o menopausa precoce (donne trans), circostanze che naturalmente nella realtà non esistono. Negli altri casi gli ormoni si possono ottenere con una diagnosi di Disforia di Genere che non è però sempre riconosciuta, probabilmente in mancanza di protocolli disposti appositamente dal ministero o dalle regioni. L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) potrebbe attivarsi inserendo la disforia di genere nei bugiardini dei farmaci per la TOS, proprio perché detti farmaci sono in gran misura utilizzati da persone trans* (iosonominoranza.it).
Le associazioni che si occupano nello specifico della tutela delle persone trans* da mesi si stanno adoperando per attirare l’attenzione del Ministero sui tanti deficit del Sistema Sanitario Nazionale e sulla carenza, o inaccessibilità, dei farmaci e terapie ormonali salvavita. A distanza di mesi, le cose non sembrano però molto migliorate. Lo scorso 20 Novembre 2019 infatti l’Espresso denuncia nuovamente l’”emergenza ormoni”. I farmaci salva-vita sono infatti ancora fuori commercio, mentre altri sono rincarati talmente tanto per il cambio di fascia, da essere pressoché inaccessibili. Ad oggi, come si può leggere in un articolo di People For Planet dello scorso Dicembre (peopleforplanet.it), nonostante l’emergenza sembri in parte rientrata, non c’è alcuna garanzia che i farmaci siano nuovamente reperibili in maniera capillare nel territorio italiano. Inoltre, non c’è alcuna sicurezza che tali farmaci non scompaiano nuovamente e misteriosamente dal commercio. Infine, come già sottolineato, nei bugiardini di tali farmaci non si cita minimamente il fatto che possano essere utilizzati da persone trans* e i medici endocrinologi specializzati nel seguire il percorso di transizione sono pochi, con liste di attesa molto lunghe.
Insomma, il tema ricorrente sembra ancora essere “nessuna garanzia” e “zero assistenza”. Non rimane che chiedersi quante emergenze ancora debbano verificarsi prima che avvengano dei cambiamenti che garantiscano alle persone trans* le stesse tutele degli altri cittadini in termini di salute.
Per maggiori informazioni o approfondimenti suggeriamo le principali e più vicine ASSOCIAZIONI Trans* di riferimento:
MIT – Movimento Identità Trans, Bologna, www.mit-italia.it
Associazione TRANSgenere, Torre del Lago (LU), www.consultoriotransgenere.it
Omphalos Gruppo T*, Perugia, www.omphalospg.it/gruppi-tematici/gruppo-trans/
Gruppo T Movimento Pansessuale, Siena, www.movimentopansessuale.it/gruppo-t/
BIBLIOGRAFIA
Cohen-Kettenis, P.T., & Klink, D. (2015). Adolescents with gender dysphoria. Best Practice & Research Clinical Endocrinology & Metabolism, 29, 485-495.
Hembree, W.C., Cohen-Kettenis, P.T., Gooren, L., Hannema, S.E., Meyer, W.J., Murad, M.H., Rosenthal, S.M., Safer, J.D., Tangpricha, V., & T’Sjoen, G.G. (2017). Endocrine Treatment of Gender-Dysphoric/Gender-Incongruent Persons: An Endocrine Society*Clinical Practice Guideline. The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, 102(11), 1–35.
T’Sjoen, G., Arcelus, J., Gooren, L., Klink, D.T., Tangpricha, V. (2018). Endocrinology of Transgender Medicine. Endocrine Reviews, 40, 97-117.
http://www.onig.it/node/92?fbclid=IwAR0QR2rbBmOujNoeJxtOtZvXKVfHYdgSOO6xSmU89i819sfpj5Pw7cO36qo